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Arboris Belli 2020

Nella settimana del 27 maggio solitamente ARTECA celebra l’anniversario dell’affrancamento dal regime feudale attraverso Arboris Belli, un contenitore di rappresentazioni sceniche, studi, mostre e giochi d’epoca.

Nel 2020 non è stato possibile rievocare come eravamo abituati a fare, popolando i rioni storici del nostro paese, ma non abbiamo rinunciato all’opportunità di celebrare la storia di questo villaggio dai tetti a cono, che ci vede eredi di una tradizione architettonica e folklorica di inestimabile valore.

Abbiamo voluto quindi accompagnarvi in un viaggio all’interno della rievocazione: abbiamo esplorato come nasce una rappresentazione scenica, come le ricostruzioni storiche diventano dei dialoghi, e soprattutto abbiamo scoperto perché ha ancora senso la memoria storica, proprio in un tempo sospeso e inaspettato com’è quello della pandemia.

Il viaggio percorre le pagine di questo racconto in 20 capitoli filmati (la maggior parte durante la rievocazione 2019). Per ogni episodio vi è affidata una parola chiave per noi riconducibile ad Arboris Belli.

Apparecchiate gli occhi e le orecchie: questa volta la storia non solo è servita a tavola, ma è soprattutto servita a noi.

Capitolo I • Meraviglia
La storia è servita
Capitolo II • Mistero
Alberobello è un mistero

Ci sono luoghi che si addicono naturalmente a una cartolina, e il nostro paese – tinteggiato col bianco della calce e tratteggiato col grigio delle chiancarelle – è uno di quei posti eccezionali. Ma i trulli sono solamente la traccia più visibile di un’eredità ancora tutta da scoprire.

Dice bene Giovanni, uno dei nostri più piccoli soci: la nostra storia è un MISTERO. Un mistero che si origina proprio in una distesa di boschi: una cornice arborea a cui questo villaggio deve probabilmente il suo nome. Nessun ‘albero della guerra’, come si è tramandato erroneamente per generazioni. Così come nemmeno l’affrancamento da parte del regime feudale fu ottenuto con le armi…

Capitolo III • Libertà
Liberi da cosa?

Quest’anno ci siamo tutti confrontati con un desiderio di rinnovata LIBERTÀ che davamo per garantita. I diritti che oggi ci tutelano sono frutto della conquista dei nostri antenati, e il prezzo del riscatto sociale lo conoscevano bene i nostri avi alberobellesi, che hanno impiegato generazioni per liberarsi dall’antico sistema feudale.

Si tramanda che nella primavera del 1797, un gruppo di sette uomini (passati agli onori della cronaca come i ‘Sette liberatori della Selva’) si recò a Taranto per chiedere ausilio al re Ferdinando IV di Borbone, che si trovava lì in ispezione. Il sovrano diede ordine di avviare una serie di pratiche burocratiche che sarebbero culminate nel «Real dispaccio» col quale la ‘villa di Alberobello’ veniva affrancata dall’antico regime feudale.

Il 27 maggio 1797 Alberobello venne ufficialmente dichiarata Città Regia. La data rimase nella memoria di tutti, ma la storia non cambia le cose da un giorno all’altro. Infatti, persino il divieto di edificare i #trulli con la malta persistette ancora. Il riscatto dal dominio feudale e il recupero della dignità civile furono traguardi che il popolo alberobellese conquistò solamente nel corso dell’Ottocento.

Ereditiamo questo dalla nostra storia: la consistenza del tempo. Qualsiasi marcia richiede lungimiranza per non perdere di vista il traguardo, ma anche costanza per non interrompere la corsa. ARTECA oggi celebra Alberobello con la lettura pubblica del Regio Dispaccio, rievocata attraverso la voce di Giuseppe Palasciano, regista delle trasposizioni sceniche di Arboris Belli dal 2017.

Il 27 maggio è la festa degli alberobellesi e di chi opera ogni giorno a tutela dei diritti fondamentali.

Capitolo IV • Protagonisti
Perché rievocare la storia?

Giovanni non ha dubbi: perché si può imparare dai nostri antenati. Che la storia sia maestra di vita ci viene ripetuto dai tempi dei romani, ma rievocare la storia è una forma veramente contemporanea per mettersi in ascolto del passato.

Non si tratta solo di ereditare insegnamenti: conoscere gli avvenimenti e le abitudini dei nostri avi ci aiuta a leggere meglio il nostro tempo e a disegnare con più consapevolezza il futuro. Per ARTECA, rievocare significa fare esperienza del passato: “mettere i piedi nella storia”, con le parole di Giuseppe Palasciano.

Capitolo V • Visionari
Dai ricordi ai souvenir

Leggere la storia richiede concentrazione, ma per interpretare i segni del passato occorre anche essere un po’ visionari. E proprio la storia ci tramanda innumerevoli casi di uomini e donne che hanno innovato il loro tempo proprio perché guardavano al di là della punta del proprio naso.

In ARTECA sappiamo che rievocare significa anche fare un esercizio di creatività: la fedeltà alla storia non coincide necessariamente con l’aderenza alla verità (tanto più in una storia così intricata come quella di Alberobello) ma con la continua tensione alla realtà.

Chissà se i nostri antenati alberobellesi avrebbero mai pensato di essere raccontati (e addirittura rievocati!) nel loro futuro, ma dietro i personaggi che portiamo in scena c’è un sottobosco di microstorie che abbiamo ereditato dalle fonti scritte e orali. E i ricordi di un tempo diventano i souvenir di oggi.

Capitolo VI • Ombre
Il dilemma della pagina bianca

Chiunque scriva (e vale anche per i compiti in classe!) conosce la sensazione di vuoto che ci assale di fronte al foglio di carta che reclama le nostre parole. Quelle parole non le troveremo fino a quando non avremo cambiato prospettiva.

Il regista Giuseppe Palasciano ha presente questa sensazione, e di fronte a questo rompicapo cambia il suo punto di osservazione: “Il vuoto è spazio creativo per un artista”, e così anche le lacune storiche diventano un campo di esplorazione per la drammaturgia.

In ARTECA le rievocazioni si originano dal colloquio con le fonti, per questo ogni “nuovo” paragrafo scoperto della nostra storia rappresenta un tassello fondamentale del mosaico del nostro presente.

Il nostro comitato di storici approfondisce i temi ancora oscuri alla nostra conoscenza.

Capitolo VII • Tradizione
Le credenze popolari

Per la composizione dei dialoghi alla base della trasposizione scenica 2019 ARTECA ha coinvolto due drammaturghi professionisti, Michele Ciavarella e Leonarda Saffi. Al centro della loro intuizione narrativa c’è la premonizione che una divinità pagana rivela nei termini di una futura apocalisse.

Questa scelta non serve solo a restituire una chiave di lettura ironica alle interpretazioni, ma ci dice qualcosa sulla società dei primi alberobellesi: cristiani nella fede, ma figli di una tradizione che risentiva ancora di influenze popolari che ritroviamo tuttora in tradizioni come quella dell’affascino, un antico rituale che alcune nonne continuano a praticare.

Capitolo VIII • Parole
Dove abitano le parole?

Le parole ci identificano come individui ma ci connotano anche a livello collettivo, come comunità. Dare voce ai protagonisti della storia di Alberobello è un esercizio di creatività, che si origina dallo studio delle fonti e procede con la scrittura dei dialoghi.

La lingua italiana si fonde col dialetto, non solo come forma di rievocazione, ma anche per tramandare alle nuove generazioni espressioni altrimenti intraducibili e quindi letteralmente uniche.

Capitolo IX • Albero
“E quando uno è un albero, che cosa può fare? Guardare!”

Doretta, una delle protagoniste della scorsa trasposizione scenica, non ha dubbi: a un albero non sfugge niente. E così è stato per la nostra Sylva, che alle origini si presentava come un foltissimo bosco impenetrabile.

Le maestose querce secolari e gli ulivi nodosi dei nostri campi sono stati i principali testimoni della storia di Alberobello: interrogarli significa apprendere la pazienza della loro crescita e il modo silenzioso con cui guardare e ammirare le cose.

Capitolo X • Sogni
I trulli sono costruzioni senza tempo

La storia di Alberobello è un mosaico di microstorie, ed è costellata di protagonisti senza nome. Ogni epoca ha avuto uomini e donne senza tempo, accomunati da una stessa caratteristica: sono stati dei visionari.

Per ARTECA ricostruire il racconto del vissuto dei nostri antenati è un lavoro di cesello e immaginazione: rievocare le loro vite è come compiere un sogno. Iolanda, una delle protagoniste della scorsa trasposizione scenica, ha previsto il futuro, ma chi poteva crederle?

Ecco che rievocare la storia diventa anche una forma di contrasto agli stereotipi.

Capitolo XI • Solidarietà
I Soci sono l’anima di ARTECA

Nel segno della continuità storica fra la Alberobello del passato e quella del presente, ARTECA recupera le tradizioni antiche e le tramanda alle nuove generazioni: è una sorta di passaggio del testimone, e gli atleti che condividono questa vocazione sono i nostri soci, che rappresentano l’anima della vita associativa.

Bambini e anziani, assieme ad adulti e giovani, sono i protagonisti di un viaggio nel tempo che non si esaurisce nell’indossare un abito settecentesco, ma che passa attraverso una serie di esperienze collettive che fortificano il senso di comunità.

Capitolo XII • Famiglia
“Quando torno ad Alberobello per la Rievocazione Storica mi sento di nuovo a casa”

Rievocare la storia ha anche finalità civiche: celebrare Alberobello in occasione del suo “compleanno” è un appuntamento irrinunciabile anche per la popolazione che è migrata altrove per studio o lavoro. Tornare a casa, per molti di loro, è l’occasione per fortificare il radicamento al territorio che li ha originati.
Gli eventi di ARTECA coinvolgono ogni strato della comunità, dai più piccoli ai più grandi, dai professionisti agli amatori, coltivando la stessa affezione che si prova per una famiglia, e la nostra è molto allargata.

Capitolo XIII • Comunità
“Non si può raccontare la storia di un popolo se la comunità non è coinvolta”

Gli eventi della rievocazione storica di Arboris Belli e quelli del Museo Vivente del Trullo vedono la partecipazione attiva degli associati, come raramente accade in altre realtà, perché i soci non sono chiamati solo ad assistere ma a prendere parte delle iniziative.

Queste azioni risvegliano il sentimento di comunità in cui ARTECA crede fortemente, quale occasione di crescita per una collettività che presta ascolto alla voce del passato per guardare con occhi nuovi al futuro.

Capitolo XIV • Tramandare
“Ciò che non giova all’alveare, non giova neppure all’ape”

Questo antico detto romano la dice lunga sul senso di operosità cui ogni comunità è chiamata a orientare le proprie scelte collettive. Tramandare gli usi e i costumi del passato non è solo un passaggio di consegne, ma una riflessione permanente su quello che eravamo e ciò che diventeremo.

Sfilate, mostre, tornei, giochi, rappresentazioni sceniche: Arboris Belli non è solo un contenitore di eventi ma letteralmente un incubatore di storie. È da questo genere di cura e custodia che si origina la volontà di ARTECA di operare nella direzione del recupero e della valorizzazione della storia locale.

Capitolo XV • Prospettiva
Questione di punti di vista

La storia di Alberobello è fatta di pochi nomi e comunque tutti maschili; non solo, sfugge alle convenzioni cronologiche, e le piste per la ricostruzione degli eventi passano attraverso una trama fittissima di microstorie. Quello che è un limite per gli studiosi diventa un privilegiato scenario creativo per la drammaturgia.

È da questa considerazione che si è originata nel 2019 la scrittura della trasposizione scenica intitolata “In Nomine Matris”, nel nome della madre. Ecco che una rievocazione storica diventa anche l’occasione per scoprire il senso pedagogico del teatro.

La storia non è solo bianca o nera, ma è ricca di una serie di sfumature e interpretazioni che sfuggono al punto di vista cui siamo abituati.

Capitolo XVI • Ricordi
Cûm ng’ dìsc’n?

Il dialetto non è solo una fetta di eredità dei nostri antenati ma anche una forma altamente contemporanea di interpretare i segni del presente, con espressioni e modalità che la lingua italiana non possiede.

I soprannomi hanno caratterizzato per generazioni la vita della nostra comunità, e così si sono tramandati fino ad oggi modi di dire, filastrocche e canti popolari altrimenti inesprimibili in italiano. ARTECA recupera anche questo genere di patrimoni immateriali nella convinzione che continueranno a far parte della nostra identità alberobellese.

Capitolo XVII • Aneddoti
Un piccolo capolavoro di povertà

Piace definire così i trulli a Biagio, presidente della nostra associazione, nei cui ricordi fanno eco le sensazioni che si provano quando in ARTECA rievochiamo la storia.
Non si tratta solo di “andare in scena”, non è questione di “interpretare” una parte: rievocare la storia di Alberobello per noi significa innanzitutto coltivare sentimenti di comunità, che ieri come oggi ci vede custodi di un patrimonio non tangibile fatto di tradizioni che ci dicono chi diventeremo.

Osservare la storia è un po’ come guardarsi allo specchio.

Capitolo XVIII • Origini
Di generazione in generazione

Esistono luoghi che brulicano di storie inedite: racconti originali che reclamano l’attenzione dei curiosi. Uno di questi posti è proprio Alberobello.
Ecco i commenti sul valore storico del fare rievocazione con la voce di chi la vive ogni anno: non è solo una celebrazione ma anche una riflessione permanente su chi siamo e sulla comunità che vorremmo diventare.

Capitolo XIX • Futuro
Desideri per Alberobello

Rievocare la storia non è solo il momento durante l’anno per commemorare il passato e celebrare i nostri antenati, ma è una pratica divertente che educa il nostro sguardo all’attualità.
ARTECA è convinta che fare associazionismo sia un’occasione privilegiata per la socialità, per la trasmissione dei saperi e anche una felice forma di aggregazione permanente per la comunità.

Capitolo XX • Testimoni
“Sono orgoglioso di essere un testimone della storia che stiamo vivendo”

Giovanni, uno dei nostri più giovani soci, ha fatto centro. Non siamo solamente interpreti del passato ma attori del nostro tempo… toccherà anche a noi, in futuro, essere rievocati. Cosa racconteranno di questa epoca?
Vi abbiamo raccontato in venti capitoli le nostre visioni culturali: da dove si origina la nostra scelta di rievocare la storia e perché continuiamo a farlo. Quest’anno non è stato possibile compiere tutte le iniziative che eravamo abituati a realizzare, ma non abbiamo rinunciato all’opportunità di celebrare la storia del nostro villaggio dai tetti attraverso i social network.

Nonno Orazio e il piccolo Giovanni sono la parafrasi della nostra missione associativa: passarci il testimone, come tedofori della storia. I loro sono desideri fra due generazioni che guardano al futuro nello stesso modo.