Estratto dal documento originale:
Eccellenza,
Sono più anni che la Popolazione di Alborobello nel tenimento dei feudi del Conte di Conversano si è doluta con suoi ricorsi a S.M, ch’essendo ella composta di quattromila anime, fra’ quali più Preti, Medici, Speziali, Notari ed Artieri, non avevano né governo Civico, né Parocchia o altro segno che potesse indicare la loro dipendenza da S.M, come le altre Comunità del Regno. Che la Casa di Conversano si era resa dispotica di tal Popolazione, soggettandola ad indoverose prestazioni e tributi, fino a vietare che potesse quella popolazione fabricare delle case, ma che dovesse abitare in alcuni tuguri formati di pietra a secco: che a tali gravezze e depressioni era soggetta perché la Casa di Conversano non voleva che tal numerosa popolazione prendesse la forma di Comunità, per non riconoscerla dal Regio Fisco, dal quale non avendone avuta mai alcuna concessione, temeva d’incorrere nella pena stabilita nella Prammatica 24 sotto il titolo de Baronibus, che dichiara devolute al Regio Fisco tutte le Comunità, che si trovassero erette ne’feudi senza lo speciale Assenso del Sovrano. E quindi implorarono più volte la grazia di poter formare Comunità come tutte le altre popolazioni del Regno; di essere riconosciuti per sudditi del Sovrano col pagamento di que’pesi che pagano le altre Comunità, di avere un Paroco per lo governo spirituale ed un Giudice da destinarsi da S.M per l’amministrazione della giustizia.
Tali ricorsi sono stati ripetuti più volte da questa popolazione; finalmente S. M con Dispaccio del primo Aprile di questo anno si servì rimettermi un similericorso umiliato/e da questa popolazione, ordinandomi che, dovendo io condurmi in Brindisi, avessi riconosciuto lo stato di questa popolazione ed avessi tutto riferito per le ulteriori opportune provvidenze.
Ma poi nel felice passaggio di S.M per questa Provincia una tal Popolazione rinnovò l’istesse suppliche al Sovrano, implorando dalla MS., che portandomi io in questo Paese, avessi date sul luogo stesso tutte quelle provvidenze, che credea giuste e regolari, acciò potessero una volta sperimentare gli effetti di quella giustizia e protezione di S.M che godono tutte le altre Comunità del Regno.
E VE. rimettendomi questi ricorsi da. Lecce con Dispaccio de ’24 Aprile mi ordinò che avessi io procurato di provvedere a tali istanze, ed ove occorreva la Sovrana determinazione, avessi riferito col mio parere.
Per eseguire dunque questi Sovrani ordini di S.M communicatimi da VE. da Brindisi, venni qui giovedì 11 del corrente.
Questa Popolazione di Alborobello è situata dietro le alture che si veggono passando dal Pilone a Fasano, ed arrivato qui trovai due Avvocati del Conte di Conversano, uno venuto da Napoli ed un altro dalle Noci, anche feudo di Conversano: giacché il Conte avendo saputo la prima commessa, che io avevo avuto da Napoli di portarmi qui, aveva anche fatti de ‘suoi ricorsi, che mi furono rimessi per averli presenti. Cosicché quanto riguarda la verità de’ fatti da me liquidati, tutto è seguito ·in contradizione ed intesi gli Avvocati del Conte di Conversano, ed ecco quant’io ho verificato e che devo far presente a VE. per la Sovrana intelligenza.
Questa Popolazione nominata di Alborobello è composta di 3.200 individui. Di questi vi sono 21 Preti, due diaconi, tre clerici ed un accolito, tre medici ed uno spezia/e, tre notari, 28 case di galantuomini, 55 famiglie di artieri, 76 famiglie di commodi massari, ed il rimanente è gente addetta alla Campagna.
Tutta questa popolazione è situata alla fine di un Bosco, che si possiede dal Conte di Conversano; ma la forma delle abitazioni di questo Paese è tutta nuova e singolare e desta l’idea di un’abitazione di Selvaggi. Tutte le case sono formate a modo di Pagliare di pietre a secco senza calce in forma di Cono, e non anno altra apertura che una piccola porta per dove entra il lume.
Queste case si chiamano Trulli e S. M ne avrà vedute di simili passando da Bari a Barletta, lungo la strada, che si tengono in quelle massarie per lo ricetta degli animali: ed io ho l’onore di acchiudere anche a VE. un piccolo disegno, che ho fatto fare di questo Paese da un giovane pittore di Fasano, e che fu quello che presentò a S.M un quadro nel fermare che fece nella Posta di Fasano.
In questi Trulli adunque abitano tutte le persone di questo Paese di qualunque condizione si siano, giacché è stato loro vietato sempre dalla Casa di Conversano non solo di poter fabricare le case, ma pure di poter essi costruire tali Trulli in diversa forma, e per modo di avere delle finestre o dell’apertura per godere del beneficio dell’Aere e del lume.
Questa Popolazione non ha governo Civico, giacché non hanno potuto mai eliggersi Sindaco o altri amministratori e devono dipendere dal Sindaco delle Noci altro feudo del Conte di Conversano, lontano da qui sei miglia. Quindi è che questa Popolazione non è numerata, né descritta fra le altre Popolazioni del Regno. Vi è in questa Popolazione una Chiesa, ma questa non è Parocchia, né vi è Fonte Battesimale, così che i Bambini che nascono sono portati a battezzare, chi alle Noci, chi a Luogorotondo, chi a Fasano e chi ad altri Paesi vicini, onde avviene che qualora bisogna la filiazione di alcuno per li matrimoni da contrarre, nascono degli intrighi, non sapendosi il più delle volte, dove le persone siano state battezzate.
In questa Chiesa vi è un Prete Cappellano della Casa di Conversano, ma non ha alcuna facoltà Parocchiale, né alcuna autorità sopra i Preti, per cui in questa Popolazione manca il Catechismo e le istruzioni ai fanciulli ed ogni decenza riguardo agli atti della Religione, che nelle altre Comunità si esercitano da’Parochi.
I naturali di questa Popolazione per li territori, che coltivano del Conte di Conversano pagano il terraggio o la decima, ma posseggono poi molti territori nel tenimento di Martina, di Fasano e di Luogorotondo.
La Casa di Conversano esercita qui il dritto proibitivo del molino, del forno,. della bottega, ed è impedito ad ogniuno di vendere a minuto le loro merci, giacché il solo affittatore della Bottega del Conte può farlo. Quanto alla giurisdizione una persona destinata dal Conte di Conversano, che qui chiamano Intendente, è quello che giudica senza Processo nelle controversie, che accadano fra’ Cittadini. Ma nelle contese di maggior interesse vanno al Governatore delle Noci, tuttoché avendo io voluto vedere la Patente di questo Governatore, non ho trovato che abbia alcuna facoltà di giudicare per questa Popolazione di Alborobello.
Finalmente fra gli altri dritti abusivi esercitati fin qui dalla Casa di Conversano, vi è quello di obligare le donne del Paese di andare a raccogliere le olive nel feudo di Montalbano lontano quindici miglia da qui, dove devono trattenersi moltissimi giorni con la tenue mercede di grana sei al giorno ed una terzo/la e mezza di fave la settimana, che corrisponde ad una misura e mezza napoli tana.
Questo è lo stato vero di una tale Popolazione, che io ho verificato coll’intelligenza ancora degli Avvocati del Conte di Conversano.
Or dopo aver tutto considerato, io credo essere della giustizia del Re di fare sperimentare gli effetti della sua Reale autorità e protezione a questa Popolazione, e darli quella forma civile, che hanno tutte le altre Popolazioni del Regno.
A tal effetto dunque a me sembra giusto che S.M dovrebbe degnarsi dare i seguenti ordini.
l. Primo, che questa Popolazione trovandosi composta di 3.200 anime, fra’ quali Preti, Medici, Notari, Galantuomini, Artieri e Massari debba prender la forma di Comunità, come l’altre del Regno ed avere un Governo Civico, come l’hanno gli altri Paesi e Comunità di questa Provincia e del Regno. Che a tal’effetto sia lecito a questa Popolazione da oggi innanzi convocar parlamento composto di tutti i capi di famiglia ed eliggere un Sindaco, due Eletti ed un Cancelliere, i quali debbano avere la cura e governo di questa Università.
II. Secondo, che in questa Popolazione vi sia un Paroco per l’amministrazione de’Santi Sacramenti e con tutte le facoltà proprie de’ Parochi, senza che abbia alcuna dipendenza dalla Chiesa e Parocchia delle Noci. E che a tal’effetto il Vescovo di Conversano, nella cui diocesi è questa Popolazione, nelle forme legittime e Canoniche proceda alla erezione della Parocchia in Alborobello, con provveder/a di un Paroco atto ed idoneo, da eliggersi precedente concorso uniformemente al prescritto nel Concilio Tridentino ed alle leggi del Regno, il quale Paroco abbia tutte le facoltà che sono proprie agli altri Parochi, e che invigili alla istruzione de’ ragazzi riguardo ai doveri della S.Religione e dello Stato.
Per quanto riguarda la Giurisdizione certa cosa è che alla Casa di Conversano non è stata mai conceduta sopra di questa Popolazione, eh ‘è cominciata a sorgere dopo del 1.500.
E sebbene l’Avvocato del Conte abbia detto che il Territorio di Alborobello debba considerarsi come parte di quello delle Noci, dove la Casa di Conversano possiede la giurisdizione, quando pure sia vero che il tenimento di Alborobello fosse parte di quello delle Noci, non perciò la Casa di Conversano può mai avere alcuna giurisdizione sopra questa nuova popolazione di 3.200anime.
Con la Prammatica 24 sotto il titolo de Baronibus è stabilito che i Baroni non possono eriggere nuove Terre o Casali in territorio così allodiale che feudale anche soggetto alla loro giurisdizione senza special permesso del Re, sotto pena di perdere di Casali o Terre, che nuovamente si fossero edificate, e tutta la giurisdizione e dominio che aveano in tali luoghi.
Or se è certo nel fatto che una tale Popolazione sia sorta senza permesso alcuno del Re, ed oggi si trovi cresciuta al numero di 3.200 anime, non può mai sopra questi la casa di Conversano esercitare alcuna giurisdizione se da S. M espressamente non le venga conceduta. Fino a che dunque S.M non risolva se voglia o non voglia accordare al Conte di Conversano la giurisdizione sopra tal numerosa Popolazione, devesi questa esercitare a nome del Re e da un Governatore, che piacerà a S.M, molto più che io prego VE. a considerare che tutta questa Popolazione, essendo stata in contesa colla Casa di Conversano, potrebbe
essere esposta alle violenze de ‘Ministri del Conte, qualora si lasciasse sotto la loro giurisdizione. E quindi S.M potrebbe degnarsi ordinare.
III. Terzo, fino a che S. M altrimenti non risolva, il Regio Governatore di Monopoli come il più vicino esercitarà a nome di S.M la giurisdizione nella Popolazione di Alborobello, procedendo di giustizia in tutte le contese che possono accadere.
Queste tre provvidenze che riguardano l’erezione di questa Popolazione in Comunità come le altre del Regno, l’erezione di una Parocchia, e l’esercizio della giurisdizione come atti della Suprema potestà del Sovrano, non ho creduto di poter/i io eseguire senza l’espresso ordine ed autorità del Sovrano stesso.
Ad oggetto dunque, che possa questa Popolazione prendere la forma di Comunità, come le altre del Regno, avere una Parocchia e conferirsi l’esercizio della giurisdizione al Governatore di Monopoli ch’è il più vicino, io prego VE. perché S.M si degni ordinare l’esecuzione di tali tre sopradescritte provvidenze, mentre io senza l’autorità del Re non credo essere della mia facoltà eseguirle.
Per quanto riguarda poi tutte le altre gravezze, di cui si sono doluti i Cittadini, mi è riuscito di convenirle buonariamente col! ‘Avvocato del Conte di Conversano e ne ho fatto distendere un atto firmato dall’Avvocato del Conte e della Popolazione, e che io stesso ho avvalorato della mia firma. Con questo atto si è convenuto di esser lecito a ‘Cittadini da oggi innanzi di fabricare le case nel modo ad essi più commodo senza essere impediti dal Conte di Conversano: che tutti i massari, che non immettono animali nel Bosco o in altri Territori del Conte non siano tenuti a pagamento di fida o di altra prestazione: che sia in libertà delle Donne di andare, se vogliano, a raccogliere le olive in Montalbano, ma per quella mercede o salario che potranno convenire: che sia lecito alla Popolazione di raccogliere le legna secche nel Bosco, pagando al Conte per venticinque l’anno: che degnandosi S.M di eriggere questa Popolazione in Comunità, come le altre del Regno sarà permesso ad essa Comunità di formarsi il molino ed il forno, la Bottega lorda e la Beccaria, e darli in affitto per quel prezzo che potranno convenire, acciò da tale rendita possano supplire ai pesi fiscali, a’quali saranno tenuti subitocche saranno eretti in Comunità, senza che la Casa di Conversano possa esercitare più, come ha fatto fin ora dritti proibitivi.
Ed a questo modo sono rimaste convenute tutte queste contese.
Devo ancora soggiungere che degnandosi S. M far eriggere questa Popolazione in Comunità, come richiede la giustizia e la clemenza del Re, dovrà farsi la numerazione dellifuochi, ma secondo lo Stato del 1669, ch’è l’ultima che si è fatta nel Regno, altrimenti verrebbe gravata più delle altre Popolazioni; siccome pure dare un regolamento come governarsi questa tale Comunità, lacchè farò subito che S. M si degni darmene ordini.
Tanto devo io far presente a VE. su questo oggetto importantissimo, per cui acquistando il Re una nuova Comunità, dà la pace e la quiete ad una Popolazione di 3.200 anime, le quali benedicono la venuta del Re in queste parti, ch’è stata l’occasione della loro salvazione.
Bacio a VE. con ogni rispetto le mani, e col più profondo ossequio ho l ‘onore di dirmi.
Alberobello li 15 maggio 1797
Divotissimo Umilissimo Servo Vostro
Nicola Vivenzio
Al Signor Generale Acton
Consigliere di Stato
Testo riprodotto da Contento M., Alberobello Memorial ‘97, Alberobello, 1997, pp. 189-197
La carta delle ‘caselle pugliesi’ [casedde era il nome originario per gli abitanti fino al secolo scorso, italianizzato in caselle] di Bertaux, resta l’unico punto di riferimento circa la distribuzione delle costruzioni in pietra a secco in Puglia.
Si tratta della prima occorrenza cartografica nota in cui Alberobello è riportata con il suo centro abitato e non soltanto con il pittogramma della località; i centri maggiori di Putignano e Noci, invece, si collocano sulla sommità dei colli circostanti: da questi tratti si evince il modo distinto con cui l’uomo si è insediato sul territorio.
L’autore, Donato Gallerano era un tavolario, ossia quella figura tecnica-professionale (ingegnere o architetto) che, durante gli anni del Regno di Napoli, era preposta alla redazione delle mappe del territorio, le quali tenevano conto della toponomastica e della viabilità.
documento originale:
‘Avendo il Re preso in seria considerazione i ricorsi che l’intiera Popolazione di Alborobello, sita nel tenimento dei feudi del Conte di Conversano in Provincia di Trani gli ha umiliati nel passaggio felicissimo della MS. da quelle vicinanze, dolendosi del’indoverose Prestazioni e Tributi che pretende il loro Barone, e domandando la grazia di poter formare Comunità, come tutte le altre Popolazioni del Regno, di esser riconosciuti per sudditi della M S. col pagamento di quelli pesi a cui sono soggette le altre Comunità, di avere un Paroco per il Governo Spirituale, ed un Giudice regio per l’amministrazione della giustizia.
La Maestà Sua dopo aver inteso sull’assunto l’avvocato fiscale Vivenzio, e dopo averlo fatto passare sulla faccia del luogo per verificare l’esposto, ha sovranamente risoluto, e comanda che la detta Popolazione di Alborobello composta di 3.200 anime prenda la forma di Comunità come le altre del Regno, al quale oggetto debba farsi la numerazione dei fuochi secondo lo stato del 1669, che è l ‘ultimo fatto nel Regno, e darsele dal fiscale Vivenzio un regolamento come governarsi; che abbia un Governo civico, come l’hanno gli altri Paesi ed Università di quella Provincia e del regno; e che a tal effetto sia lecito alla medesima da oggi in avanti di convocare Parlamento composto di tutti i Capi di famiglia, ed eligere un Sindaco, due Eletti ed un Cancelliere, i quali abbiano la cura e governo della Università.
Vuole inoltre S.M che in quella Popolazione vi sia un Paroco per l’amministrazione dei SS. Sacramenti con tutte le facoltà proprie dei Parochi, senza alcuna dipendenza dalla chiesa e Parocchia delle Noci, e che a tal effetto il Vescovo di Conversano, nella di cui diocesi è quella Popolazione, proceda nelle forme legittime e canoniche alla erezione di tale Parrocchia, con provvederla di un Paroco atto ed idoneo da eligersi precedente concorso secondo il prescritto nel Concilio Tridentino, ed uniformemente alle leggi del Regno, con tutte le facoltà che sono proprie agli altri Parochi, e coll’obbligo della istruzione dei ragazzi nei doveri della S. Religione e dello Stato.
Per quanto poi riguarda la Giurisdizione, siccome questa non è stata mai conceduta alla Casa di Conversano sopra la riferita Popolazione, che è cominciata a sorgere dopo il 15 00, così intende e vuole S.M che sia esercitata nel suo rea! nome, e da quel Governatore che si risJrba di destinarvi, mentre intanto comanda che cominci subito ad esercitarvela il regio Governatore di Monopoli, come il più vicino, procedendo di Giustizia in tutte le contese che possono accadere. E finalmente ha S.M approvato in tutte le sue parti quanto il predetto Fiscale Vivenzio ha buonariamente convenuto in Alborobello coll’avvocato del Conte di Conversano, mediante un atto firmato dal medesimo Avvocato, e da quello della Popolazione, ed avvalorato dalla di lui firma, col quale è restato stabilito che sia lecito a quei Cittadini di fabbricare le case nel modo ad essi più comodo, senza essere impediti dal Conte di Conversano, che tutti i massari che non immettono animali nel Bosco, o in altri territori del Conte, non siano tenuti a pagamento di fida o d’altra prestazione; che sia in libertà delle donne di andare, se vogliono, a raccogliere le olive in Montalbano, ma per quella mercede o salario che potranno convenire, che sia lecito alla medesima Popolazione di raccogliere le legna secche nel Bosco, pagando al Barone ducati venticinque l’anno; che sia permesso alla Comunità, subito che sarà eretta di formarsi il Molino ed il Forno, la Bottega lorda e la Beccaria, e darle in affitto per quel prezzo che potrà essa convenire, acciò da tale rendita possa supplire ai pesi fiscali, ai quali verrà tenuta tosto chè sarà eretta in Comunità, senza che la Casa di Conversano possa esercitare più, come ha fatto finora, tali diritti proibitivi.
Di Real Ordine la partecipo a codesta udienza per sua intelligenza e regolamento
Napoli, lì 27 maggio 1797
Saverio Simonetti
All’udienza di Trani
Quindi abbiamo spedito il presente, col quale vi dicemo ed ordinamo che conferendovi personalmente in detta città di Alberobello dobbiate pubblicare la soprascritta sovrana risoluzione; ed affinchè venghi a notizia di tutti, affiggerete copia del presente nel luogo solito e consueto.
– Trani 31 maggio 1797.
Spiriti- Pisciotti- Pisa- Prestia- Giordano, segretario.
Alberobello 16 giugno l 797.
Estratto da Contento M., Alberobello Memorial ‘97, Alberobello, 1997, pp. 199-203
La madia è un mobile rustico a forma di cassettone, munito di piedi in legno.
Il termine madia deriva dal latino magida che significa impastare, lavorare la farina; veniva infatti usata nelle case come supporto per impastare il pane e per custodirvi farina, lievito e altri alimenti.
Questo arredo d’epoca viene utilizzato durante la rievocazione storica e proviene dal lavoro di restauro, conservazione degli oggetti tradizionali del laboratorio permanente di ARTECA.
L’arcolaio è un attrezzo domestico, generalmente di legno, dotato di una ruota che permette il movimento del rocchetto su cui si avvolge il filo. Veniva utilizzato per ridurre le matasse di filo in gomitoli o bobine da impiegare nella tessitura e nel lavoro a maglia.
Questo manufatto d’epoca viene utilizzato durante la rievocazione storica e proviene dal lavoro di restauro, conservazione degli oggetti tradizionali del laboratorio permanente di ARTECA.
Il trapano a mano è un utensile impiegato per la lavorazione di materiali come legno e pietra, destinato principalmente all’esecuzione di fori cilindrici.
Può essere considerato, insieme al tornio, uno degli strumenti più antichi che l’uomo abbia ideato: i primi esemplari risalgono alla preistoria.
Questa è una ricostruzione fedele dell’oggetto d’epoca e viene utilizzato durante la rievocazione storica.
I costumi, progettati dallo storico del costume Carmelo Sumerano, e realizzati con la sua supervisione nell’atelier sartoriale di Arteca, dove hanno operato alcune maestranze anche a titolo gratuito
I costumi, progettati dallo storico del costume Carmelo Sumerano, e realizzati con la sua supervisione nell’atelier sartoriale di Arteca, dove hanno operato alcune maestranze anche a titolo gratuito
Accuògghj l’acquø acquànn chiôv! è un proverbio dialettale che vuol dire: Raccogli l’acqua quando piove!
Il suo significato, basato sulla filosofia oraziana del carpe diem, è di cogliere l’attimo quando è favorevole. Inoltre, quest’espressione rispecchia il territorio poiché in passato l’assenza di fiumi e la carenza di precipitazioni rendevano l’acqua un bene prezioso.
Amêr a chèra vènd ca tên u trìst patròun è un proverbio dialettale che vuol dire: Amara quella pancia che ha un triste padrone.
Si riferisce a coloro che mangiano poco o seguono regimi alimentari restrittivi, lasciando lo stomaco insoddisfatto.
U vôv ca nàng’ pagghjsc’àisc’, è pagghjscèt è un proverbio dialettale che vuol dire: Il bue che non mangia, ha mangiato.
Significa che se qualcuno non fa qualcosa che si presume interessargli è perché non ne ha davvero bisogno.
N’sciòuna càrn rummên mèe alla vucciarèj è un proverbio dialettale che vuol dire: Nessuna carne rimane mai alla macelleria.
Si riferisce al fatto che niente va sprecato e tutto ciò che avanza può essere consumato, come nel caso del macellaio che riesce a vendere anche i pezzi di carne meno pregiati.
A quànn u pàir è ammatòur, càit è un proverbio dialettale che vuol dire: Quando la pera è matura, cade.
È un invito ad avere pazienza e ad aspettare i tempi naturali di ogni cosa.
O d vìern, o d stêt, sèmb g vôl na scal’fêt è un proverbio dialettale che vuol dire: O d’inverno, o d’estate, ci vuole sempre una riscaldata.
Si riferisce al fatto che, per rendere appetibili le pietanze del giorno prima, è necessario sempre riscaldarle.
A c’ làss pên i càpp, nu béll bull angapp è un proverbio dialettale che vuol dire: Chi lascia pane e cappotto, incappa in una bella fregatura.
È l’avviso per i contadini di portare sempre con sé qualcosa da mangiare, in caso di fame, e qualcosa per coprirsi, in caso di intemperie.
I suònn, i suònn, i suònn,
c’ vè fascènn?
E la p’ccènn è d’ la màmm,
e la p’ccènn è d’ la màmm
candêt vôl.
Sànda N’côl mèj
c’ vè fascènn?
I fèil d’ li mamm,
i fèil d’ li mamm
vè addurmscènn.
Quànn nascìst tu,
a sv’ndurêt,
allôr jì paràj,
allôr jì paràj
a sv’ndòura tauø.
Quànn nascìst tu,
nascì la rôs,
nascì la pambanèdd,
nascì la pambanèdd
a la c’rês.
Quànn nascìst tu,
er jì a prèim,
er jì a prèima rôs,
er jì a prèima rôs
d’ lu giardèin.
Suònn, i suònn, i suònn,
quànn a vnì,
vièn na nòtt i bôn.
E la p’ccènn è d’ la màmm
candêt vôl.
E sogna, e sogna, e sogna,
che stai facendo?
E la bambina è della mamma,
e la bambina è della mamma,
vuole che le si canti.
San Nicola mio,
che stai facendo?
I figli delle mamme,
i figli delle mamme
vai addormentando.
Quando nascesti tu,
la sventurata,
allora io sembravo,
allora io sembravo
la sventura tua.
Quando nascesti tu,
nacque la rosa,
nacque la gemma,
nacque la gemma
alla ciliegia.
Quando nascesti tu,
ero io la prima,
ero io la prima rosa,
ero io la prima rosa
del giardino.
Sogna, e sogna, e sogna,
quando devi venire,
vieni una notte e buona.
E la bambina è della mamma,
vuole che le si canti.
«Màmma màmm ca vògghj u pên»
«Fìgghj mèj ca nân ste, vè înd a cûr canstrìedd i vèit ca ste nu stuẕẕarìedd?»
«Màmma màmm l’ìgghj acchiêt»
«Fìgghj mèj c’ t’ l’ha dêt?»
«M’ l’ha dêt la Madònn, uòcchj, riẕẕ i facc’ tònn»
«Mamma mamma voglio il pane»
«Figlio mio non ce n’è, vedi in quel cestino se ce n’è un pezzettino?»
«Mamma mamma l’ho trovato»
«Figlio mio chi te l’ha dato?»
«Me l’ha dato la Madonna, occhi, ricci e faccia tonda»
Note su come leggere il dialetto:
Video proveniente dall’edizione 2020 di Arboris Belli, avvenuta interamente online a causa della pandemia.
Per l’iniziativa sono stati realizzati 20 episodi filmati, ciascuno associato ad una parola chiave riconducibile all’esperienza della rievocazione storica organizzata ogni anno da ARTECA.
La storia di Alberobello è un MISTERO che si origina in una distesa di boschi: una cornice arborea a cui questo villaggio deve probabilmente il suo nome.
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I diritti che oggi ci tutelano sono frutto della conquista dei nostri antenati e dei primi alberobellesi, che hanno impiegato generazioni per ottenere la LIBERTÀ dall’antico sistema feudale.
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Conoscere gli avvenimenti e le abitudini dei nostri avi ci aiuta a leggere meglio il nostro tempo e a disegnare con più consapevolezza il futuro, rendendoci insieme a loro PROTAGONISTI della stessa storia.
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Per interpretare i segni del passato occorre essere un po’ VISIONARI. Rievocare significa anche fare un esercizio di creatività: la fedeltà alla storia non coincide necessariamente con l’aderenza alla verità, ma con la continua tensione alla realtà.
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In ARTECA le rievocazioni si originano dal continuo colloquio con le fonti: un comitato di storici è costantemente impegnato in un lavoro di ricerca con l’obiettivo di fare luce sulle OMBRE della nostra storia e ricostruire gli episodi ancora oscuri alla nostra conscenza.
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Le trasposizioni sceniche ci dicono molto sulla società dei primi alberobellesi: cristiani nella fede, ma figli di una TRADIZIONE che risentiva di influenze popolari, tuttora rintracciabili in alcuni riti pagani come l’affascino.
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Le PAROLE ci identificano come individui ma ci connotano anche come comunità: il dialetto si configura non solo come forma di rievocazione, ma come il solo mezzo per tramandare alle nuove generazioni espressioni altrimenti intraducibili e quindi uniche.
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A un ALBERO non sfugge niente! Le maestose querce e gli ulivi secolari sono stati i principali testimoni della storia di Alberobello: interrogarli significa apprendere la pazienza della loro crescita e il modo silenzioso con cui guardare e ammirare le cose.
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Per ARTECA ricostruire il racconto del vissuto dei nostri antenati è un lavoro di cesello e immaginazione: rievocare le loro vite è come compiere un SOGNO.
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Nel segno della continuità storica fra la Alberobello del passato e quella del presente, ARTECA recupera le tradizioni antiche e le tramanda alle nuove generazioni attraverso una serie di esperienze collettive che fortificano il senso di comunità e di SOLIDARIETÀ.
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Gli eventi di ARTECA coinvolgono ogni strato della comunità, dai più piccoli ai più grandi, dai professionisti agli amatori, coltivando la stessa affezione che si prova per una grande FAMIGLIA.
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Gli eventi della rievocazione storica di Arboris Belli e quelli del Museo Vivente del Trullo vedono la partecipazione attiva degli associati, come raramente accade in altre realtà: un gesto che risveglia il sentimento di collettività e accresce il senso di COMUNITÀ.
Video proveniente dall’edizione 2020 di Arboris Belli, avvenuta interamente online a causa della pandemia.
Per l’iniziativa sono stati realizzati 20 episodi filmati, ciascuno associato ad una parola chiave riconducibile all’esperienza della rievocazione storica organizzata ogni anno da ARTECA.
TRAMANDARE gli usi e i costumi del passato non è solo un passaggio di consegne, ma una riflessione permanente su quello che eravamo e ciò che diventeremo.
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Per l’iniziativa sono stati realizzati 20 episodi filmati, ciascuno associato ad una parola chiave riconducibile all’esperienza della rievocazione storica organizzata ogni anno da ARTECA.
Nel 2019 la trasposizione scenica di Arboris Belli è stata intitolata “In Nomine Matris”, nel nome della madre. Sebbene la storia di Alberobello sia fatta di pochi nomi, tutti maschili, osservarla da una PROSPETTIVA diversa ha trasformato la rievocazione storica di quell’anno in un’occasione per scoprire il senso pedagogico del teatro.
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Per l’iniziativa sono stati realizzati 20 episodi filmati, ciascuno associato ad una parola chiave riconducibile all’esperienza della rievocazione storica organizzata ogni anno da ARTECA.
Attraverso il dialetto si sono tramandati modi di dire, filastrocche e canti popolari, inesprimibili in italiano, che ancora oggi popolano i RICORDI della nostra comunità. ARTECA recupera questo patrimonio immateriale nella convinzione che continuerà a far parte dell’identità della popolazione alberobellese.
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Per l’iniziativa sono stati realizzati 20 episodi filmati, ciascuno associato ad una parola chiave riconducibile all’esperienza della rievocazione storica organizzata ogni anno da ARTECA.
Rievocare la storia significa innanzitutto coltivare un sentimento di comunità, che ieri come oggi vede gli abitanti di Alberobello custodi di un patrimonio non tangibile fatto di tradizioni, racconti orali e ANEDDOTI tramandati di generazione in generazione.
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Per l’iniziativa sono stati realizzati 20 episodi filmati, ciascuno associato ad una parola chiave riconducibile all’esperienza della rievocazione storica organizzata ogni anno da ARTECA.
Fare rievocazione non è solo una celebrazione delle nostre ORIGINI ma anche una riflessione permanente su chi siamo e sulla comunità che vorremmo diventare. Ecco i commenti di chi la vive ogni anno.
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Per l’iniziativa sono stati realizzati 20 episodi filmati, ciascuno associato ad una parola chiave riconducibile all’esperienza della rievocazione storica organizzata ogni anno da ARTECA.
ARTECA è convinta che fare associazionismo sia un’occasione privilegiata per la socialità, per la trasmissione dei saperi e anche una pratica divertente che educa il nostro sguardo all’attualità e al FUTURO.
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Per l’iniziativa sono stati realizzati 20 episodi filmati, ciascuno associato ad una parola chiave riconducibile all’esperienza della rievocazione storica organizzata ogni anno da ARTECA.
Attraverso la rievocazione storica, bambini e anziani, assieme ad adulti e giovani, sono i protagonisti di un viaggio nel tempo che non si esaurisce nell’indossare un abito d’epoca, ma rappresenta un continuo passaggio di TESTIMONE tra le generazioni di ieri e quelle di domani.
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Per l’iniziativa sono stati realizzati 20 episodi filmati, ciascuno associato ad una parola chiave riconducibile all’esperienza della rievocazione storica organizzata ogni anno da ARTECA.
Il movimento che dà vita alle orecchiette è un gesto piccolo ma che richiede molta precisione. Ecco i passaggi per eseguirlo correttamente:
N.B.: per ottenere un’orecchietta perfetta è utile poggiarsi su una superficie rugosa, in modo che la pasta non scivoli, e si consiglia di utilizzare un coltello liscio, che non sia né troppo lungo né troppo pensante: deve stare bene in mano!